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CAPITOLI 3 -4- 8 - 11

Premessa,

 

i fatti citati in questo testo, riferiti alla mia esperienza di genitore e citati nei capitoli 2, 3, 4, 5 e 6 sono realmente accaduti.

Ho voluto “tagliare” almeno metà di tutta la mia esperienza che si è condensata da un Settembre non lontano nel tempo, nel 2013 fino a Giugno del 2014 per non trasmettere angoscia, il mio obiettivo è rendervi edotti e anticipare le mosse da introdurre.

Tutto è accaduto a Milano tra Città Studi, Tricolore, Guastalla, De Amicis, Magenta, Colonne, Arco della Pace. I ragazzi citati sono esistiti e credo (e mi auguro) esistano ancora, qualcuno ha già varcato in ambe le direzioni, le porte del carcere, diversi sono in strutture di recupero e di altri non conosco granché del loro attuale destino, mi auguro solo che stiano vivendo una vita serena.

Mio figlio si è rimesso in riga sin da quel Giugno 2014 ed è in pari con gli studi e soprattutto con la vita. Certo che vive in un mondo fatto come ora vi racconterò, quindi se non proviamo a migliorare questo stile metropolitano che ha preso una deriva “sinistra” nessuno di noi può dire di stare veramente bene e al sicuro.

Ecco perché ho deciso di scrivere, per scuotere quello che in Noi può servire alla buona causa, perché far finta che tutto vada bene, …meglio non parlarne, o parlarne per fare salotto, non serve a risolvere il problema, altrimenti non saremmo arrivati fin qui e per augurarmi insieme a Voi, di non oltrepassare punti di non ritorno, Vi consegno questo libro, occasione di riflessione e di esame di coscienza.

Buona lettura…

L’Autore.

 

Parte Prima

Introduzione.

 

Ci sono due cose su ogni altra che ho imparato nella mia esperienza fino ad oggi, come genitore: non si nasce, come dire “imparati” e, diventare genitori può essere un desiderio, ma non sempre una vocazione vera e propria che porta ad un sicuro successo in tal senso. Non per questo la colpa di tutto deve ricadere sempre sulla Madre e/o sul Padre.

Così accade anche quando nasce un talento, tutti i meriti non sono certo dei genitori, non è corretto pensarla così.

Un’altra verità è questa: siamo pronti a dare tutto per i nostri figli, ma non sempre preparati al contraccolpo che siamo chiamati a sostenere da genitori alle conseguenze di ciò che imparano lontano dai nostri insegnamenti. I modelli che i figli prendono come esempio di vita, non affini alla sfera familiare, sono un primo grosso ostacolo che si frappone tra genitori e figli.

Non c’è un unico modo efficace per contrastare e opporsi in modo costruttivo, i messaggi chiari o sottintesi arrivano da mezzi classici come la pubblicità, un certo tipo di musica dell’ultima generazione, alcuni film come Gomorra, mal interpretati. Gli esempi di “sfacciata e incosciente arroganza” pubblicati sui Social si tramutano in azioni di violenza o coercizione a discapito dei più deboli, o dei coetanei che semplicemente non condividono gli stessi modelli di vita, pagano la loro diversità di scelta. Questi ultimi aspetti fanno dei nostri ragazzi, che erano l’orgoglio della famiglia, figli che “non ci somigliano per niente”.

“Quello è mio figlio?” capita di chiederci!

 

Capitolo 3 - Giornata tipo a 13 anni.

 

A scuola il ragazzo molto spesso si trova davanti a una scelta: subire o farsi rispettare. Se sceglie la seconda ipotesi, si troverà ad un passo da diventare bullo anche lui.

I professori non hanno voglia (e ci credo!) di tenere testa a classi di 22-28 alunni, tra i quali più della metà sono scostumati (non hanno un costume, inteso come non hanno regole di buon comportamento). Il ragazzo è indotto a difendersi contrastando gli atteggiamenti sbagliati, quasi diventando anche lui un bullo. Come capitò a questo ragazzo che chiamerò con un nome inventato, Rocco.

Lui ha le caratteristiche tipiche di molti ragazzi di oggi, fisicamente dimostra più anni della sua vera età, è ben vestito, estroverso, socievole quasi per certi versi invidiabile; insomma ha tutto. Con una testa da ragazzino che non conosce ancora bene il male, pensa che se gli sorridono o lo cercano vuol dire che sono amici veri… così fanno con lui quelli che un po’ lo invidiano. I più grandi a scuola lo coinvolgono nelle loro storie di vita quotidiana, per includerlo nei loro giri, ma di fatto per fargli fare cose che possono cagionargli danno e non centrano nulla con il divertimento e l’amicizia vera.

Fumare (questo è un primo approccio verso il bullismo), perché “…se sei figo devi farti una canna”, dopodiché se hai i soldi, se la famiglia te ne dà, li devi mettere a disposizione di tutti, altrimenti non fa niente, “… vuol dire che me li darai quando li avrai. I soldi del fumo, intendo …”.

“Questo spinello che hai fumato con noi due ti costa 50 euro…”

Siamo nell’autunno del 2013, dopo qualche mese Rocco aveva accumulato centinaia e centinaia di euro di debiti. ”…allora devi dare il Giubbotto di Prada, o le Nike da vendere al mercato delle cose rubate”; ma non frutta tanto, “…allora porta a scuola qualcosa di oro che prendi a casa, poi un nostro amico maggiorenne andrà  al compro oro e lo venderà per te, cosi avrai i soldi per saldare i tuoi debiti”.

Rocco è mio figlio, vi sto parlando proprio di lui.

Quando ho scoperto tutto quello che era capitato a Rocco, ho dovuto aggiungere alle mie esperienze fatte di monitoraggio, pedinamenti, controllo di cellulari e computer, anche quella dei compro - oro a Milano. Dopo tornerò su questo passaggio.

Dopo aver girato mezza Milano e aver fatto un blitz in un negozio in via de Amicis ricostruendo i fatti accaduti qualche giorno prima, tentai inutilmente di recuperare l’oro dato per duecento euro o poco più per quasi cinquanta grammi di peso. Con le generalità e le copie dei documenti dei brillanti amici di Rocco incominciai un percorso Giudiziario ancora oggi in corso, nei confronti di due ragazzi, in particolare, due fratelli, all’epoca uno minorenne, l’altro maggiorenne.

Un giorno presi le scarpette di Rocco per andare a correre, visto che le usava poco o nulla. Prima di usarle decisi di lavarle, cosi tolsi le solette e trovai una banconota da cento euro. Ci volle poco per capire che fosse falsa. Affrontato l’argomento, con fatica e molto tempo per ricostruire i fatti, amici più grandi gli avevano detto che, per comprare il fumo dai nordafricani, era meglio usare una banconota falsa se riusciva a smerciarla, cosi, oltre a comprare il fumo, avrebbero avuto anche il frutto del resto dei soldi con banconote vere. Tutto questo a 13 anni…

Mi trovai davanti un dilemma: usare il pugno di ferro o la diplomazia? Istintivamente ne avrei usati due-di pugni- ma ogni giorno era un rischio, quando andava a scuola, quando usciva, quando il giovedì sera andava sotto casa in piazza Risorgimento, ma anche il venerdì e il sabato. Poi gli amici lo chiamavano, non lo mollavano e per lui era motivo di orgoglio sentirsi cercato, perché, da figlio unico, aveva voglia di amici con i quali socializzare. Il grande problema era la strategia: quando agire, con che mezzi, chi coinvolgere (tra genitori, scuola, forze di Polizia), chi ti avrebbe seguito in questa guerriglia metropolitana nella quale, in mezzo c’era tuo figlio, e proprio la Sua incoscienza era la mia prima nemica.

Il nervosismo e l’irascibilità in Rocco si alternavano a momenti di quiete. Mi accorsi (anche la madre, in verità e i nonni) che l’argomento era il sollecito dei creditori; un giorno gli tolsi il telefonino per 3 giorni e, tenuto a casa il ragazzo, quindi fuori dai soliti giri, ma purtroppo lontano anche dalla scuola. I messaggi e le telefonate ricevute erano allucinanti …venivano minacciati oltre a lui, anche il padre la madre se non si fosse procurato i soldi in qualsiasi modo. Seguirono telefonate in cui l’interlocutore ero io e nemmeno si accorgevano che non fosse Rocco; il linguaggio era come potete immaginare, il loro modo di esprimersi: “...oh”, “weh…”, “allora…”, “voglio i soldi…”  io rispondevo con abbreviativi e la conversazione durava finché scoprivo il “gioco” e mettevo le cose in chiaro, spiegando che, essendo Rocco un minorenne, avevano a che fare con me, non con Lui. Fu così, infatti, che uno di questi, lo chiamerò con un alias “Giò galera” perché era memorizzato così sul telefono, mi minacciò e disse che non aveva paura di incontrarmi. Non chiedevo di meglio. Giubbino nero di pelle da moto, jeans, scarpette, via l’orologio per non avere addosso cose che potessero dare fastidio in una eventuale colluttazione, decisi tempo e luogo, Porta Romana, ore 11.00. Fu questo uno dei momenti di tensione quando chiesi supporto ad alcuni professionisti del Nucleo Investigativo antidroga di Moscova, miei amici da vent’anni che conoscevano l’intera vicenda ed erano per Me l’unico punto di riferimento. Dover parlare di Rocco per vicende così gravi con persone con le quali avevo sempre mantenuto un rapporto di cordiale amicizia e stima reciproca e confidarmi con loro, fu per me un’umiliazione. Capisco perfettamente lo stato d’animo di un genitore quando cerca di insabbiare tutto. Senza battere ciglio, questi eroi metropolitani (e lo dico a ragion veduta), ben si prestarono per rimanere in zona se avessi chiesto il loro intervento. Incontrai “Giò galera” che aveva un credito di ottanta euro, siccome era passato molto tempo da quando aveva maturato questo credito fittizio gonfiato cinquanta volte di più, ne voleva centoventi, anche gli interessi! E chi più di me poteva darglieli!

In verità, nonostante la lunga cicatrice sulla fronte che faceva di lui un “brutto e temerario”, un passo da spavaldo, 1,65 di altezza, con uno solo ceffone lo avrei fatto entrare nelle vetrine della banca che era a due metri da noi. Quando mi mise a fuoco, ebbe davanti a sé il padre di Rocco e diventò più diplomatico ed educato; incominciava a capire, credo, che nella vita ci sono persone che all’occorrenza potrebbero essere più cattive di lui-anche se a fin di bene- e non le incontri certo in Guastalla.

Gli diedi i soldi e dissi che mio figlio non andava più avvicinato, né disturbato, altrimenti se la sarebbe vista con me direttamente e alle mie regole e soprattutto quelle della Legge e comunque questo giro gli sarebbe costato una schedatura. Lasciai avvicinare … mi verrebbe da dire i colleghi … perché mi sentii per un attimo, uno del Nucleo Investigativo antidroga o qualcosa del genere.

 

Capitolo 4 - Profilo tipo dell’adolescente.

 

Facciamo una panoramica della situazione e i pericoli:

a scuola, amici di due anni più grandi lo fanno entrare nel loro giro, è ben vestito e dalle sembianze “spending”, oltre a presentarsi figo, estroverso, curioso del confronto, delle sfide, in mano a ragazzi più grandi che possono spillargli soldi e non fare brutte figure con le ragazze, è praticamente il benvenuto.

Questa voglia di essere sempre connessi, o meglio iper-connessi, cioè connessi su più social contemporaneamente, induce a un allontanamento fatale ed invitabile dalle regole della famiglia; non che siano deboli o mal poste dai genitori, è che questo nuovo modo di relazionarsi risucchia l’attenzione degli adolescenti più di una sostanza stupefacente. Non a caso uso questo paragone, perché tutto ciò sarà un ottimo terreno per coltivare ogni tipo di devianza sociale (alcol, cannabis, bullismo). È normale accada, non sentendo più la voce calda e sincera della famiglia, ma una certa musica con messaggi sbagliati, foto e filmati poco educativi, cosi via, il passo è breve verso il rischio di perdere la bussola.

Qualche dato Istat 2016:

L’Italia è al disotto della media per le competenze dei giovani, i metodi di sviluppo di queste competenze negli studenti e la promozione del loro utilizzo sul posto di lavoro.

L'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) rende noto che l’Italia ha il 17.75% di giovani under 25 che hanno abbandonato la scuola prima di aver terminato il percorso obbligatorio per Legge (le Scuole medie superiori) e non stanno seguendo alcun altro tipo di formazione educativa-professionale.

In Europa siamo penultimi, dietro di Noi solo la spagna con il 23.21% degli adolescenti.

Le cause che determinano l'abbandono scolastico sono principalmente culturali, sociali ed economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con uno scarso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola prima di aver completato il percorso di studi.

C'è anche un fattore di genere: ad abbandonare precocemente la scuola sono più i maschi che le ragazze.
Vi sono inoltre motivazioni individuali che possono spingere verso l'abbandono precoce degli studi e, fra queste, un peso notevole lo hanno i disturbi d’ansia.

Il problema è abbastanza diffuso nella fascia di età compresa fra i 15 ed i 18 anni, in particolare fra coloro che hanno problemi nel socializzare, nel parlare in pubblico, in chi soffre di fobia scolastica, attacchi di panico ecc. Questi ragazzi non sono disinteressati alla cultura e all'istruzione, che anzi cercano di completare poi come autodidatti, ma semplicemente non ce la fanno a sostenere gli altissimi livelli di stress che l'ambiente scolastico procura loro.

L'abbandono scolastico è in genere considerato un dato molto preoccupante, perché riguarda i giovani, cioè il futuro della società: se lasciano prematuramente la scuola, corrono maggiori rischi di disoccupazione, povertà ed esclusione sociale. Una persona che non ha istruzione, infatti, è in genere destinata per tutta la vita ad un lavoro poco qualificato, spesso precario e scarsamente remunerativo, rispetto a quello al quale potrebbe aspirare, almeno potenzialmente, chi possiede un buon livello di istruzione. Peraltro, un Paese che aspira ad essere moderno e tecnologico deve poter contare sull'utilizzo di manodopera qualificata.

La giornata (e i pericoli) continuano.

Terminata la parte della giornata che riguarda lo studio, si arriva al pomeriggio, dove prima passi per i luoghi vicini alle strutture scolastiche, dove, spesso, ci sono piccoli spacciatori, o ragazzi che dovrebbero stare in classe e, invece, frequentano le strade vicine, per vendere un po’ di erba o fumo e coltivarsi il proprio “parco clienti”.

Ogni tanto andavo “a sorpresa” davanti alla scuola di Rocco, zona de Amicis -voglio essere generico- e chi trovavo lì fuori? L’amico con la cicatrice sulla fronte, alias “Giò Galera”.

Io: “sei ancora qui a girare”

Lui: “Perché non posso stare qui?”

Io: “teoricamente sì, ma praticamente dipende da quello che fai secondo me. Amico non hai capito, con me una parola è poco e due sono troppe; già ti ho detto che devi stare lontano da mio figlio e voglio aggiungere tutti quelli della sua età, è chiaro?!”

Lui:” ho capito, ho capito…. ma chi lo caga suo figlio!”

Dopo questo cordiale colloquio ricco di spunti interessanti, telefonai al Preside e riferii ancora una volta lo “status quo” dell’area antistante alla scuola, il quale mi rassicurò dicendo che la situazione era sotto controllo, ma non ci vedevo chiaro, e non mi sembrava, almeno secondo il mio metro di giudizio, tutto sotto controllo.

Il Preside, persona cordiale e collaborativa, ma non sempre messo nelle condizioni di agire come vorrebbe, poiché capita che alcuni genitori siano i primi a discostarsi dalle regole scolastiche, sbagliando grevemente. Ad un certo punto, sentendosi forse pressato da tutto quello che accadeva nei paraggi della scuola, contattato dal Commissariato di zona (Porta Genova), passò al Commissario Capo, il mio numero di telefono e mi presentò come un genitore che stava monitorando il figlio e le zone in cui bazzicavano i ragazzi che spacciavano.

La dr.ssa Commissario Capo mi telefonò e mi chiese un incontro perché al corrente del fatto che conoscevo ragazzi, nomi e cellulari di alcuni “bulletti” emergenti della zona. Anche qui, non chiedevo di meglio, e, quindi, di lì a poco mi recai al Commissariato, dove depositai una dichiarazione spontanea di denuncia su fatti, persone e luoghi in cui si svolgevano attività di spaccio e consumo di fumo.

Capitolo 8 - Quali soluzioni.

 

L’esperienza da genitore che mi ha visto impegnato diversi anni fa, in particolare dal 2012 al 2013, mi ha indotto a una riflessione lunga e articolata, che è stata tema di dibattiti e scambio di idee e opinioni con professori di scuole, psicoterapeuti e inquirenti.

La prima analisi mi ha fatto capire che il problema dell’adolescenza vissuta dai giovani senza correre gravi e irreversibili rischi era molto ridimensionata in termini di percentuale.

Noi genitori, nel momento in cui abbiamo un problema, sicuri che i nostri figli facciano “cazzate”, non sappiamo dove attingere strumenti e conoscenza per contrastare il nemico e mettere in salvo il l’adolescente.

Il mondo scolastico è “a corto” di strumenti per quanto dotato di grande volontà e andrebbe supportato come già accade con alcuni progetti pilota in Lombardia.

Il mondo scientifico propone, per quel che è stata la mia esperienza, fatta di incontri e scambio di idee con professionisti del settore, soluzioni di scarsa efficacia incentrati sull’etichettatura dei Millenials, il più delle volte definiti borderline e non compresi fino in fondo e altre volte suggerendo percorsi farmacologici a mio modesto avviso non consigliabili per altrettanti insuccessi. Forse non sono queste le risposte che cerchiamo.

Gli inquirenti in prima linea in una metropoli affastellata di reati di ogni tipo – omicidi, stupri, rapine, incidenti, furti, e così via- spesso non hanno risorse per intervenire velocemente anche su reati minori come il micro-spaccio e tutti quelli connessi e questi incidono nel tessuto sociale ormai con percentuali molto preoccupanti spesso non intervenendo…prima del CLICK.

Io, con modestia e ragionevole consapevolezza, ho pensato di agire in modo autonomo e secondo il mio spirito di iniziativa, che poggiava su un senso di etica, partecipazione, contributo ai problemi sociali, in particolare quelli che affliggevano mio figlio e di riflesso anche i suoi coetanei. Ho introdotto l’arma più efficace e costosa, dedicare tutto il tempo attivamente battendo le zone sensibili al rischio, luoghi pubblici di aggregazione giovanile come la Guastalla e alcuni Bar e Pub del centro, poi la scuola soprattutto nei dintorni.

Ho monitorato per quel che ho potuto il telefonino, l’account Social, infine, ho dovuto agire in prima persona verso alcuni giovani poco più grandi del Mio, agire anche con l’intervento dagli inquirenti.

Attualmente ho un processo in corso come già detto, nella figura di parte lesa nei confronti di due ragazzi, che avevano indotto mio figlio a compiere azioni illegali – furto e assunzione di cannabis-.

La mia proposta, come avrete capito ormai, è frutto di esperienza realmente vissuta e che ha dato risultati efficaci e risolutivi a salvaguardia di un solo adolescente, mio figlio. Ho pagato un prezzo alto, rinunciando, in quei mesi al mio lavoro, assumendo qualche rischio professionale, la testa era sempre sullo stesso problema e la conclusione che ne è seguita, che un genitore spesso non può fare tutto ciò da solo, ha bisogno di una infrastruttura che per quanto snella, sia moderna ed efficace orientata a problemi nuovi, quelli di cui abbiamo parlato, che si snodano su percorsi inimmaginabili, non conosciuti e quindi privi di storico e consolidate “ricette” di successo.

Il mio programma è di seguito sintetizzato:

  • Nella scuola. I professori devono essere affiancati dalle Istituzioni affinché siano maggiormente motivati a svolgere il ruolo di educatori ed è spesso complesso o alcune volte, impossibile. Il governo locale (il comune) può immaginare di attuare uno sportello di ascolto sia per i docenti che per i genitori o i ragazzi; avere a disposizione una squadra di professionisti (anche giovani stagisti), psicologi, o motivatori (coach) che possano fare un lavoro di monitoraggio e “motivazione” per i docenti, azione spesso complicata se non impossibile quando hanno di fronte ragazzi particolarmente vivaci e descolarizzati. Bisogna riposizionare il ruolo del Professore e il ruolo dello studente e le percentuali di successo in questo senso. Puntare ad un 90% di professori soddisfatti e un 90% di studenti inquadrati in un percorso didattico-educativo. Nel mio progetto, tra l’altro, i cellulari dei ragazzi non devono essere intestati ad un genitore, ma al ragazzo stesso e il loro funzionamento deve essere ristretto per fasce orarie, sgomberando il contesto scolastico da inutili fattori di disturbo. A titolo esemplificativo e non esaustivo, dalle 8.00 alle 14.00 le funzioni social si devono disabilitare automaticamente, possono funzionare solo alcuni numeri di telefono per comunicazioni di servizio, in questo caso è necessaria la collaborazione dei gestori telefonici. Le Istituzioni locali (Comune, Provincia, Regione) devono essere più vicine alle esigenze del corpo insegnante, motivarli a fare un lavoro più inclusivo, aggregare tra loro i giovani e non accentuare ed emarginare quelli meno fortunati. Oggi la percentuale dei giovani che abbandonano la scuola o arrancano è troppo ampia e cresce sempre di più, sicuramente non diminuisce, alcune volte prende spazio nel loro interesse un mondo virtuale che li porta lontano dalla realtà, dalle regole della famiglia, dalla società reale (famiglia, scuola). L'obiettivo principale è avvicinare il ragazzo ad obiettivi che lo portino ad un corretto inserimento nella Società, non a un’emarginazione sempre più marcata.

  • Impossibile accettare che esista lo spaccio di sostanze stupefacenti nei paraggi di molte scuole, in alcuni Bar, in alcune discoteche. Fenomeno rilevante in ogni parte della città, qualsiasi area metropolitana è soggetta a rischi simili. È un fenomeno virale e trasversale. Per questo, esortare con mezzi amministrativi i Gestori degli esercizi commerciali a fare un lavoro di controllo più serrato. È inaccettabile lo "status quo", cioè un ragazzo (soprattutto ragazze!)  di età inferiore ai 18 anni che possa assumere superalcolici in qualsiasi locale senza verificarne la maggiore età! Diversamente, secondo me, bisogna sanzionare i titolari delle licenze commerciali, fino alla sospensione della medesima. Il divertimento serve, è un concetto di democrazia e deve essere svolto da professionisti del divertimento, non da chi ne vede solo i risultati economici e in questo caso il costo è altissimo, la salute dei nostri Giovani.Per i luoghi di aggregazione pubblici, bisogna coinvolgere maggiormente e promuovere iniziative già costituite negli anni sul territorio. Penso alle associazioni di volontariato già presenti in città- che, con successo, danno il loro contributo per i clochard, per esempio-che potrebbero essere parte integrante di organi di controllo delle aree pubbliche come forma di deterrenza con facoltà di identificazione del ragazzo e richiesta di intervento eventuale di Forza pubblica. Con una forma di controllo del territorio si indurrebbe a delinquere meno, senza trasformare la città in uno stato di polizia, che non vogliamo e, forse, non possiamo permetterci. Questo aiuterebbe a dissuadere i malintenzionati ad agire come se fossero liberi e indisturbati. Io l’ho fatto alcune volte per mio figlio. Contestualmente si avrebbe il beneficio di lasciare che le forze dell’Ordine si dedichino prevalentemente ad altre forme di reati metropolitani più gravi, riducendo i costi dello Stato per molte chiamate al pronto intervento.In risposta al fenomeno del Cyber-bullismo, va scritto un protocollo di intesa internazionale con gli Stati in cui risiedono le Major del mondo Social (Facebook, Instagram, Google, Microsoft, WhatsApp, Messanger, YouTube), quindi un asse Europa-Stati Uniti secondo la quale ogni giurisdizione di competenza che decreta la rimozione dei dati deve poter accedere attraverso le proprie forze di intelligence ai dati sensibili di competenza del proprio Stato e agire secondo quanto il proprio Tribunale abbia decretato. Un caso classico accaduto il 13 Settembre 2016, è stato quello riguardante l’istigazione al suicidio (pare) di Tiziana Cantone. A lei era stato concesso il diritto all’oblio; le nostre Forze di Intelligence (la Polizia Postale) avrebbero dovuto accedere ai dati nei server delle Major ove erano presenti i files incriminati, che riguardavano la vittima del reato subìto e poterli rimuovere tutti, cosa impossibile secondo lo “status quo” delle norme internazionali. Questi dati generano un traffico incredibile e si sa che con sé portano un incremento del giro d’affari. Quanto maggiormente una Major Internet può profilare i visitatori, tanto più accresce il proprio valore economico aziendale. Tutto questo può essere concesso fino a quando non sono lesi i diritti dell’uomo. Uno Stato moderno deve poter tutelare la Privacy di ogni individuo. Ad oggi nel mondo Cina e Russia non hanno per loro volontà, accesso a Google, Facebook e i vari social occidentali. Esiste, nei loro Paesi il proprio FaceBook, il proprio Google forse per i temuti problemi che invece abbiamo in Europa.

Ci sono strumenti più che sicuri per poter condividere i dati sensibili a vari livelli, senza compromettere il sistema nella sua interezza e proprio questo aspetto va sviluppato.  Io, per quel che potrò, porterò avanti questa linea di risoluzione, in Europa fino ad arrivare negli Stati Uniti, se non sarò fermato da problemi più grandi e insuperabili.

Capitolo 11 - Il male che accomuna l’occidente

 

Incredibile immaginare che una vasta area del pianeta abbia un comune denominatore così triste, come se fosse e per certi versi lo è, un’epidemia che miete vittime.

In pratica ovunque ci sia uno stile di vita “connesso” e uno stile di vita occidentale, quindi avere a che fare con alcune forme di dipendenza, si è esposti a problemi legati al Cyberbullismo e tutte le implicazioni che ledono la cosiddetta web-reputation.

Mesi fa, una lettrice mi scrisse via Messanger che negli Stati Uniti c’è un personaggio, (un mio omonimo per vocazione e dedizione alla causa, diciamo così), che in modo anche più articolato e complesso di quanto non facciamo in Italia, affronta la questione delle problematiche che caratterizzano i “millenials”, e devo dire che da allora lo seguo e ho instaurato anche un contatto via web. Quello che racconta, parlando dei ragazzi americani, sembra descrivere ragazzi che vivono in Italia, a Milano, Roma, Firenze, Napoli, Palermo, ma invece sono Newyorkesi, o di Chicago, o di Miami.

In sostanza vivono in un mondo segnato da 5 aspetti, secondo questo studioso il cui nome è Simon Sinek:

  • la Famiglia,

  • la Scuola,

  • la tecnologia,

  • l'impazienza,

  • l’ambiente che li circonda.

Premesso che confondono il ruolo del Capo in un contesto di gerarchia sia essa la Famiglia e di conseguenza la scuola per concludere con la società, essi sono difficili da gestire; anche solo avere un rapporto di colloquio con loro è un’ardua impresa, è difficile comunicare, pensano quale unica cosa importante per loro che tutto gli sia dovuto e per questo sono narcisisti, egoisti, dispersivi, pigri. In questo capovolgimento della piramide dei valori e rispetto umano sovente viene da chiedere loro: “cosa vuoi dalla vita, cosa ti aspetti dalla società di cui fai parte e dal mondo del lavoro in cui ti accingi ad entrare?”. La risposta spesso è di questo tipo:

 “…vogliamo lavorare in un ambiente che abbia uno scopo” …giusto!

“…vogliamo lasciare il segno, qualsiasi cosa significhi. Vogliamo cibo gratis e poltrone comode”, per dirla un po’ all’americana.

Ma nonostante questo, non sono comunque felici. Secondo una analisi scientifica di terapeuti, medici, studiosi, manca sempre un pezzo per completare il processo di maturazione di queste persone, un po’ come un puzzle di cui ci rimane sempre un pezzo in mano. Allora approfondendo i 5 aspetti citati possiamo dire che tanti di loro sono cresciuti sotto l’effetto, in poche parole, di strategie educative fallimentari delle loro famiglie.

Ad esempio, viene detto loro che sono speciali… sempre e comunque!

Che possono avere tutto quello che vogliono dalla vita, già solo perché gli è stato detto e in qualche modo promesso.

Molti entrano in super classi scolastiche (parlo di modello americano, ma converrete con me che abbiamo in Italia e in Europa lo stesso problema) non perché lo meritino, ma perché i genitori si erano lamentati della scuola, dei professori e di come vengono rilasciati premi ai loro figli, e così i voti alti ricevuti, non perché li meritino, ma perché spesso gli insegnanti non vogliono rogne con i genitori. Se ci pensate è pazzesco come tutto questo somigli al modello italiano, dimenticando che noi abbiamo una storia nell’istruzione e nei valori sociali molto più antica e solida di quasi tutti i Paesi Occidentali. Oggi condividiamo i medesimi malesseri di qualunque società occidentale che non ha nulla o quasi di quello che portiamo in dote da secoli e secoli di storia! Molti ricevono medaglie, …per essere arrivati ultimi!

La scienza è chiara su questo aspetto sostiene Sinek: una svalutazione della medaglia e dei riconoscimenti di chi lavora duro, fa sentire in imbarazzo chi arriva ultimo, perché egli sa che non se l’è meritata quindi nel tempo si sentirà definitivamente peggio.

Immaginiamo questi ragazzi, alla fine del percorso scolastico e poi quando finiscono l’università, trovano un lavoro, sono lanciati nel mondo reale e in un istante scoprono che non sono speciali, che la mamma non gli può fare avere una promozione,  che se arrivi ultimo, non ti danno nessuna medaglia, non ottieni qualcosa solo perché lo vuoi, e in quell’istante l’idea che avevano di se stessi, frutto dell’educazione familiare appoggiata passivamente dal mondo scolastico per i motivi detti, va in frantumi, con la disastrosa conseguenza che ci ritroviamo una generazione che cresce con livelli di autostima più bassi di sempre. Instagram, FB, e tanti altri social sono parte di quel mondo dove siamo tutti bravi a mettere filtri alle cose che pubblichiamo, anche a noi stessi. Siamo capaci di mostrare alla gente che la vita è magnifica, anche se siamo depressi, quindi sembriamo tutti belli e che abbiamo capito tutto, ma la realtà è che pochi sono tenaci e con una vita realmente solida, la maggior parte non ha capito proprio nulla, quindi, quando le persone con più esperienza di loro chiedono loro un parere in merito ad una scelta da prendere:” …cosa facciamo?”

rispondono: “…è così che devi fare!”

anche se non sanno di cosa essi stiano parlando.

Abbiamo una generazione che cresce con livelli di autostima sempre più bassi, e non per colpa loro, questi ragazzi hanno avuto sfortuna, la sfortuna di trovare solo strade comode da percorrere.

Passiamo alla parte che riguarda la tecnologia, che “arreda” la loro vita, quindi l’altro problema che si somma agli altri precedenti, è che crescono in un mondo fatto di Social non di rapporti umani veri e propri.

Noi sappiano che grazie all’interazione con i Social media e con i nostri smartphone, viene rilasciata una sostanza, la dopamina; ecco perché quando riceviamo un bel messaggio viviamo un attimo di benessere, una bella sensazione, e se talvolta ti senti un po’ giù, mandi messaggi ad un po’ di amici per un saluto, così quando ricevi una risposta di ricambio del saluto vivrai bella sensazione, di sollievo! È per questo che contiamo i LIKE che riceviamo sui nostri post pubblicati continuamente o controlliamo se il nostro “INSTAGRAM” non cresce abbastanza e ci si chiede:

“cosa sta succedendo?? Cosa sto facendo!... perché non piaccio più!?”.

…Pensate che trauma per i ragazzini quando un amico gli toglie o nega l’amicizia, o lo blocca.

…ma la vera amicizia è tutta un’altra cosa!

…Perché quando arriva un like sappiamo che c’è una “botta” di dopamina che ti fa star bene.

Attenzione a questo passaggio: questa è la stessa sostanza che ci fa star bene quando fumiamo, quando beviamo, quando scommettiamo…in altre parole la tecnologia crea molta, molta dipendenza.

Abbiamo limiti di età per fumare, per scommettere, per bere alcol ma nessun limite di età per internet quindi dare la possibilità ai 12enni, ma anche ai più piccoli, di usare internet o strumenti tecnologici come i videogame è come dire loro: “se ti senti un po’ giù per questo tuo essere adolescente, fai cose che sviluppino dopamina” con gli stessi effetti negativi di assunzione di alcol, tabacco, scommesse. In questo modo siamo responsabili, consapevolmente o meno di creare un’intera generazione esposta ad un intorpidimento nello stile di vita, che crea dipendenza da sostanze chimiche attraverso la tecnologia di cui dispongono, durante un periodo di alto stress come l’adolescenza.

Questo è un passaggio importante, quasi tutti gli alcolisti hanno scoperto la sostanza durante l’adolescenza, una fase di vita nella quale l’unica approvazione che serve è quella dei nostri genitori. Oggi, invece, l’unica approvazione accettabile per questi giovani sembra essere quella dei loro pari ed è molto frustrante per i genitori, sentendosi esclusi in un momento molto importante per gli adolescenti perché permette loro di gratificarsi e sentirsi inclusi fuori dall’ambito familiare, è una fase molto stressante e ansiosa e dovrebbero imparare anche a fidarsi e crescere insieme agli altri pur con una dovuta cautela ma mettendo in una scala di valori, prima i Genitori e la famiglia, poi i professori e la scuola infine quelli che saranno i loro superiori nel mondo professionale.

Alcuni scoprono l’alcol e gli effetti intorpidenti della dopamina che aiuta a superare lo stress dell’adolescenza; purtroppo questo crea un condizionamento negativo nel loro cervello, quindi è molto probabile che nel corso della vita, quando si sentiranno sotto stress, non si rivolgeranno ad una persona amica, un familiare, un punto di riferimento autentico per parlare, ma alla bottiglia, ad internet, al gioco d’azzardo. Stress sociale, finanziario, di carriera, sono le principali ragioni per cui un alcolizzato beve. Ecco quello che sta succedendo, lasciando libero accesso alle nostre abitudini quotidiane a questi dispositivi che producono dopamina, il cervello, andando avanti nel tempo, si abitua al condizionamento di questi dispositivi e tutto ciò che arriva loro tramite e il ragazzo non sa più come creare relazioni serie e profonde con le altre persone, esperienze che servono nel serio percorso della propria esistenza per crescere in modo sano.

È risaputo che molte delle relazioni che essi hanno sono superficiali, molti ragazzi/e non si fidano dei loro amici normalmente, sanno che se arriverà qualcosa di meglio per loro, questi spariranno. Non esiste più il concetto di relazione profonda perché non si è allenati a cercare e coltivare amicizie vere, rapporti umani solidi. Ma cosa ancora più seria è che i nostri ragazzi non hanno ben presente i meccanismi di difesa dallo stress. Ripeto, quando avranno un problema che creerà loro disagio non si rivolgeranno ad una persona ma ad un dispositivo, ad un social media, che genera sollievo.

La scienza è chiara in questo ambito: chi trascorre più tempo su FaceBook o qualsiasi altro Social, soffre maggiormente di depressione di chi lo usa meno. Il corretto bilanciamento di tutto ciò che li circonda è fondamentale. E cosi, è risaputo che l’alcol non fa male, ma molto alcol fa male, scommettere possiamo dire, è divertente, scommettere troppo e spesso è pericolosissimo.

Quando siamo a cena con amici e messaggiamo non mettendo da parte lo smartphone, è un problema.

Se siamo in riunione e controlliamo il telefonino e i messaggi continuamente, questo è un serio problema, perché sei lì per ascoltare e parlare persone, colleghi, amici... Quindi lo metti sul tavolo a faccia in giù. Questo è un messaggio subliminale nei confronti di chi ti sta intorno per dire, “non siete poi così importanti per Me”. Quando al mattino ti svegli e prima di dire buongiorno alla Tua ragazza o guardarti allo specchio, controlli il telefonino, tutto questo è dipendenza, Addiction con tutte le implicazioni del caso.

Questo stile ruberà tempo, soldi e ti peggiorerà la vita. Quindi abbiamo una generazione non preparata correttamente ad affrontare lo stress e con bassa, bassa autostima. Passando al 4to punto, il senso di impazienza, possiamo dire e ripetere che I Millenials sono cresciuti in un mondo in cui tutto gli viene dato subito.

Vuoi comprare qualcosa? Vai su Amazon (anche questo libro è su Amazon!), domani lo ricevi.

Vuoi vedere un film? Ti colleghi a Netflix ad esempio e guardi un film, non sei obbligato a rispettare   orari di una programmazione.

Questo è Binge-waching “abbuffata televisiva” non devi nemmeno aspettare un giorno.

Ci sono persone che saltano intere stagioni di serie tv per potersele vedere tutte insieme e subito fino alla fine, in modo continuativo e ininterrotto senza rispettare un timing diluito nel tempo.

Il Binge-waching è una delle prove di stress da sostenere per partecipare a quel folle e rischioso gioco che porta al suicidio fondato da un ragazzo (uno psicopatico) di 26anni russo e laureato in filosofia, Philipp Budeikin, ormai famosa “Blue Whale”. Egli aveva creato “tre gruppi di dolore/community” tra il 2013 e il 2016 e sono da addurre a lui tantissime morti per suicidio-oltre 120- dati non ufficiali di cui mi ero occupato in gennaio 2017 e che fu oggetto di polemica in Aprile-Maggio per servizi televisivi non costruiti su dati certi, di cui inizialmente ero stato contattato per un parere sul servizio che alcuni autori televisivi volevano mandare in onda e ben spiegai che bisognava stare attenti ai dati certi e non proprio chiari. Fenomeno sociale da valutare in un contesto di provincia di estrazione rurale russa.

Tornando al 4to punto dei 5 elencati, ha senso spesso la gratificazione istantanea.

Vuoi un appuntamento? Non devi imparare ad aspettare o guadagnarti il traguardo nel tempo, hai i meccanismi sociali, tutto ciò che vuoi lo puoi avere subito! Ed aggiungo svilimento del sapore del traguardo raggiunto e del successo guadagnato.

Peccato che questo meccanismo non funzione nel lavoro, per mantenere stabili le relazioni. Per queste non c’è una App, essi giustamente sono processi lenti, e quindi scomodi un po’ oscuri e improbabili.

Se parli con un giovane laureato quindi brillante e con la vita davanti, socievole, volenteroso, al suo primo lavoro e chiedi” come va?” è possibile che ti risponda: “credo che mi licenzierò! Perché non sto lasciando il segno.”, anche se è lì da pochi mesi.

È come se fosse ai piedi di una montagna da scalare e viva con questo concetto astratto del segno da lasciare su questa Terra che per lui è arrivare in cima senza vedere la montagna. Non è importante se la scali lentamente o velocemente ma che la dovrà scalare; la verità è che i nostri ragazzi devono imparare il concetto di pazienza. Amore, lavoro, felicità, sono tutti concetti che si ottengono con pazienza, cose necessarie per la vita, ma per ottenerle ci vuole tempo, A volte si può essere brillanti e veloci ma l’intero percorso è lento, arduo, lungo e difficile. E se non si chiede aiuto e si impara quelle capacità, si cadrà da quella montagna oppure si vedrà lo scenario peggiore, che stiamo già vivendo, cioè un aumento dei suicidi, di overdose di droghe, perché sempre più ragazzi lasciano la scuola o la abbandonano per depressione. In questa prospettiva, nella migliore delle ipotesi, avremo una generazione che non troverà mai la felicità e non raggiungerà mai una soddisfazione personale completa.

Cosi nel lavoro, i nostri ragazzi vivranno la loro vita così.

“come va il lavoro?” “bene”

“Come va la tua vita sentimentale?” “bene”

5to ed ultimo aspetto è l’ambiente che li circonda.

Questa fantastica generazione di ragazzi brillanti e dotati ma che hanno avuto solo sfortuna per essere stati impostati male, è calarsi nel mondo del lavoro, che è il punto di arrivo di un percorso formativo.

Rispetto ad una carriera e un percorso di crescita a loro interessa di più e  poco tempo (in un solo anno, ad esempio) raggiungere tutti i risultati; collocati in un ambiente aziendale e così impostati, non miglioreranno la loro fiducia in se stessi, non impareranno a cooperare con capacità, e tutto questo non li aiuterà a superare le sfide di un mondo digitale e a trovare più equilibrio e quindi ad imparare a superare il bisogno di gratificazione immediata. Non conosceranno la gioia di un percorso in fondo al quale troveranno soddisfazione, quando si lavora duro su qualcosa per un lungo periodo e non in un mese o in un solo anno.

Purtroppo, penseranno che la colpa sia loro peggiorando tutto.

Io sono qui e spero Voi con me ora e nel tempo: non è colpa loro!

C’è una totale mancanza di leadership positiva, è questo che li fa sentire cosi, non è colpa loro e mi spiace dirlo ma è responsabilità del mondo adulto, delle aziende, della Società di cui noi adulti siamo i rappresentanti; non abbiamo molte possibilità per risolvere tutto questo, sarebbe stato meglio dire che i genitori e la società avrebbero potuto fare meglio, ma non è accaduto e non accade.

Siamo noi che li abbiamo portati fin qui e ora dobbiamo risolvere il problema. Dobbiamo impegnarci di più per capire in che modo aiutarli.

Costruire la loro sicurezza, autostima, consegnare loro “il libretto delle istruzioni” per far capire loro il senso del lavoro, di cooperazione, nelle riunioni e nei rapporti in cui prevale il rapporto umano, non gli smartphone, ma interessarsi al dialogo, a parlare con gli altri del più e del meno. Instaurare relazioni umane, rendersi disponibile verso gli altri (benedetta Educazione civica, che non si insegna più nella scuola!! Questo è un mio cruccio) cosi si crea la fiducia in un percorso lento e costante, quindi abbiamo il dovere di creare contesti nei quali una scintilla accende una luce e segna un percorso e un traguardo.

 

 Dobbiamo aiutare questa fantastica generazione di idealisti, sognatori, intelligenti, agevolare nel maneggiare le abilità sociali, facilitare il giusto bilanciamento tra tecnologia e relazioni sociali umane.

 

 

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